Pace giustizia e perdono

 

A cura di Cristina Vonzun



In occasione della giornata mondiale della Pace ed in preparazione del grande incontro dei rappresentanti delle religioni ad Assisi, il Santo Padre ha scritto un messaggio che mostra come la pace si regga su due pilastri egualmente importanti: la giustizia e il perdono, davanti ai quali non solo gli uomini di buona volontà sono interpellati ma anche e soprattutto i leaders delle religioni.

 

Come forse molti sanno, gli interventi magisteriali nel campo degli insegnamenti sociali sono caratterizzati da riflessioni connesse con lo svolgersi degli avvenimenti e delle circostanze storiche. Questo non significa che la verità evangelica cambi, ma semmai essa è chiamata a confrontarsi con nuovi contesti e situazioni. Avvenimenti, come quelli drammatici dell’11 settembre 2001, fanno si che si affronti una riflessione, un insegnamento ed un giudizio che illumini un nuovo contesto e aiuti l’uomo contemporaneo nel suo drammatico desiderio di capire e di vivere. Il Santo Padre, in apertura di messaggio propone un interrogativo che ha fatto spesso discutere proprio tra i cristiani: la presunta opposizione tra diritto legittimo alla giustizia (applicato secondo le norme del diritto internazionale) e perdono. E qui si inserisce il punto di partenza del Papa: non vi è opposizione tra i due, sono entrambi coessenziali alla pace vera. Scrive il Santo Padre: “Ma come parlare, nelle circostanze attuali, di giustizia e insieme di perdono quali fonti e condizioni della pace? La mia risposta è che si può e si deve parlarne, nonostante la difficoltà che questo discorso comporta, anche perché si tende a pensare alla giustizia e al perdono in termini alternativi. Ma il perdono si oppone al rancore e alla vendetta, non alla giustizia. La vera pace, in realtà, è « opera della giustizia » (Is 32, 17). Come ha affermato il Concilio Vaticano II, la pace è « il frutto dell’ordine immesso nella società umana dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini assetati di una giustizia sempre più perfetta » (Costituzione pastorale Gaudium et spes, 78)... La vera pace, pertanto, è frutto della giustizia, virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull’equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com’è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati. Ciò vale tanto nelle tensioni che coinvolgono i singoli quanto in quelle di portata più generale ed anche internazionale. Il perdono non si contrappone in alcun modo alla giustizia, perché non consiste nel soprassedere alle legittime esigenze di riparazione dell’ordine leso. Il perdono mira piuttosto a quella pienezza di giustizia che conduce alla tranquillità dell’ordine, la quale è ben più che una fragile e temporanea cessazione delle ostilità, ma è risanamento in profondità delle ferite che sanguinano negli animi. Per un tale risanamento la giustizia e il perdono sono ambedue essenziali”.

 

Pace e terrorismo

 

L’analisi del Papa va alla radice del progetto di odio che sta dietro le azioni dell’11 settembre, chiedendosi chi e cosa attacca questo terrorismo? Esso  mira a distruggere il rapporto fondamentale tra pace, giustizia e perdono, dentro un chiaro progetto di distruzione di quei difficili equilibri che l’umanità sta tentando di costruire, strumentalizzando la causa dei poveri. Scrive il papa: “È proprio la pace fondata sulla giustizia e sul perdono che oggi è attaccata dal terrorismo internazionale.. Il terrorismo si fonda sul disprezzo della vita dell’uomo. Proprio per questo esso non dà solo origine a crimini intollerabili, ma costituisce esso stesso, in quanto ricorso al terrore come strategia politica ed economica, un vero crimine contro l’umanità. Esiste perciò un diritto a difendersi dal terrorismo. E un diritto che deve, come ogni altro, rispondere a regole morali e giuridiche nella scelta sia degli obiettivi che dei mezzi... Si deve rilevare, inoltre, che tra le vittime del crollo radicale dell’ordine, ricercato dai terroristi, sono da includere in primo luogo i milioni di uomini e di donne meno attrezzati per resistere al collasso della solidarietà internazionale. Alludo specificamente ai popoli del mondo in via di sviluppo, i quali già vivono in margini ristretti di sopravvivenza e che sarebbero i più dolorosamente colpiti dal caos globale economico e politico. La pretesa del terrorismo di agire in nome dei poveri è una palese falsità”. Il secondo pilastro della pace è il perdono, a cui il Papa dedica ampio spazio del suo messaggio, per il quale vede un grande ruolo sia del cristianesimo e sia delle altre religioni. Il perdono è la liberazione del cuore dal rancore e dalla vendetta. Esso allora è assunto come il coronamento e la perfezione della giustizia stessa, aprendola ad una prospettiva di pienezza che ha per oggetto la dignità umana: l’uomo ha un destino ed una vocazione che il perdono permette di dischiudere. Sullo sfondo di questo appello appare, tra l’altro, l’infinito conflitto che dilania la Terra Santa in cui fratelli ebrei e palestinesi sono prigionieri del meccanismo del rancore e della vendetta, che viene alimentato dai fondamentalismi. Il papa riparte ancora con una domanda: “Ma che cosa significa, in concreto, perdonare? E perché perdonare?... Riprendendo una riflessione che ebbi già modo di offrire per la Giornata Mondiale della Pace 1997 («Offri il perdono, ricevi la pace»), desidero ricordare che il perdono ha la sua sede nel cuore di ciascuno, prima di essere un fatto sociale. Solo nella misura in cui si affermano un’etica e una cultura del perdono, si può anche sperare in una «politica del perdon », espressa in atteggiamenti sociali ed istituti giuridici, nei quali la stessa giustizia assuma un volto più umano. Il papa, fa appello alla ragione umana per cogliere il bisogno di perdono  nell’esperienza che l’essere umano vive in se stesso quando commette il male: “Egli (l’uomo) si rende allora conto della sua fragilità e desidera che gli altri siano indulgenti con lui. Perché dunque non fare agli altri ciò che ciascuno desidera sia fatto a se stesso? Ogni essere umano coltiva in sé la speranza di poter ricominciare un percorso di vita e di non rimanere prigioniero per sempre dei propri errori e delle proprie colpe. Sogna di poter tornare a sollevare lo sguardo verso il futuro, per scopertine/coprire ancora una prospettiva di fiducia e di impegno”.  Dal cuore umano al cuore delle società, il perdono viene posto da Giovanni Paolo II alla “base di ogni progetto di una società futura più giusta e solidale. Il perdono mancato, al contrario, specialmente quando alimenta la continuazione di conflitti, ha costi enormi per lo sviluppo dei popoli. Le risorse vengono impiegate per sostenere la corsa agli armamenti, le spese delle guerre, le conseguenze delle ritorsioni economiche. Vengono così a mancare le disponibilità finanziarie necessarie per produrre sviluppo, pace, giustizia... Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore”.

Ma concretamente, le religioni come possono interagire per aiutare l’umanità davanti a questi meccanismi perversi che attaccano la pace e mettono in discussione, la dinamica di giustizia-perdono? Essendo in Giovanni Paolo II, riflessione e azione, spesso unite, l’invito è a non stare a guardare. Le religionii, chiamate in causa in modo inadeguato e strumentalizzate dai fondamentalismi hanno un compito comune a cui non possono più sfuggire che secondo il papa, va in due direzioni: educazione alla pedagogia del perdono e alla preghiera. Riguardo al primo compito scrive, progettando il futuro: “Le confessioni cristiane e le grandi religioni dell’umanità devono collaborare tra loro per eliminare le cause sociali e culturali del terrorismo, insegnando la grandezza e la dignità della persona e diffondendo una maggiore consapevolezza dell’unità del genere umano. Si tratta di un preciso campo del dialogo e della collaborazione ecumenica ed interreligiosa, per un urgente servizio delle religioni alla pace tra i popoli. In particolare, sono convinto che i leader religiosi ebrei, cristiani e musulmani debbano prendere l’iniziativa mediante la condanna pubblica del terrorismo, rifiutando a chi se ne rende partecipe ogni forma di legittimazione religiosa o morale”.

Il secondo grande servizio delle religioni è la preghiera per la pace, che come indica il Papa, accompagna l’impegno concreto e fa si che le grandi religioni, assumendo l’espressione di Francesco siano “strumento della pace”. Questi, sono i motivi, del clamoroso gesto di invitare tutti i rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi, il 24 gennaio 2002, motivi che valgono più di ogni rischio di strumentalizzazione.